Una cura da cavallo
Bene (anzi, male), perché sta succedendo l'inevitabile, con buona pace di letterine a Babbo Natale ed altre dichiarazioni di intenti varie, alle quali finora non hanno fatto seguito fatti concreti. L'Italia sta sprofondando, e stavolta chi pensa di poter volgere la situazione a proprio vantaggio elettorale si sbaglia. Chi sceglie di perdere il Paese piuttosto di perdere voti perderà l'uno e gli altri.
Chiamiamo con il loro nome le cose da fare, e da fare subito:
- eliminare la distinzione fra pensione di anzianità e di vecchiaia, passando ad un sistema puramente contributivo per tutti i pensionati, vecchi e nuovi (e senza eccezioni, nemmeno per il Presidente della Repubblica); la pensione non dovrà più essere vista come l'agognato momento dal quale in poi ci si gode la vita, ma solo una "rete di protezione" per quando arriverà l'ineluttabile momento di uscita dal mondo del lavoro, per qualsivoglia ragione (anagrafica o altro), nel caso non si abbia più nulla di cui campare, come altri redditi, appartamenti affittati, rendite finanziarie, ecc. In ogni momento dovrà essere possibile "chiedere la pensione", indipendentemente dall'età, con un importo calcolato in base ai contributi versati (in qualunque fondo) e all'aspettativa di vita; così come dovrà essere possibile sospenderla nuovamente al mutare delle condizioni, quali un nuovo impiego, una rendita, una vincita, ecc. Al raggiungimento di una certa età, ad esempio 65 anni, un sussidio statale per coloro che, pur avendo versato contributi in misura non irrisoria, così come per coloro già pensionati alla data di introduzione del nuovo sistema, con i nuovi criteri non arrivassero a 600 Euro al mese neppure grazie ad altri redditi. Meglio presentarsi allo sportello e ricevere 600 Euro piuttosto che presentarsi con l'aspettativa di riceverne 1200 e sentirsi dire: "spiacenti, signore, la sua pensione non c'è perché lo Stato è fallito". In compenso, una tale sforbiciata a tasse e gabelle da fare sì che quei 600 euro valgano almeno per 1000, come spiego più avanti.
- riforma del mercato del lavoro nel senso di una maggiore flessibilità e minori vincoli; prioritaria la riduzione del costo complessivo del lavoro per favorire l'occupazione, specie dei giovani. Quindi anche una significativa riduzione dei requisiti minimi di contribuzione previdenziale obbligatoria, un passo del tutto logico in un quadro di passaggio al sistema contributivo per tutti (gli attuali vent'anni, in una situazione di crescente precarietà, sono ormai inarrivabili per moltissimi giovani); meglio vivere con la speranza di trovare lavoro piuttosto che con la paura di perderlo, visto che se l'azienda chiude (e stanno chiudendo in tante, oppure migrano altrove) il lavoro se ne va comunque, ed a quel punto per sempre.
- introduzione massiccia del telelavoro, che in un quadro di aumentata flessibilità del rapporto lavorativo diventerebbe molto più gestibile di quanto non lo sia stato fino ad ora; anche per via delle forti resistenze di coloro che traggono la propria ragion d'essere dalla "movimentazione forzata" delle persone. Questo andrebbe anche a vantaggio della riduzione delle emissioni inquinanti, un'altra misura non più derogabile.
- dimezzare i parlamentari, riducendo drasticamente stipendi, rimborsi e privilegi per quelli rimanenti, per i quali ovviamente dovrà valere il calcolo contributivo per la pensione, come per ogni altro cittadino. Inoltre, quella che sarebbe forse la più importante di tutte le riforme: eleggibilità per massimo due legislature. E` già così per i Sindaci e per il Presidente della Repubblica, non vedo perché non dovrebbe valere anche per gli altri. Inoltre, incompatibilità tra incarichi parlamentari ed altre attività; se vale per altri dipendenti pubblici, ad esempio gli insegnanti in virtù del loro ruolo "morale", a maggior ragione deve valere per i parlamentari.
- introdurre un tetto agli stipendi dei manager pubblici e rendere incompatibile il cumulo delle cariche sulla stessa persona; chi ricopre una carica pubblica non può ricoprirne altre, né pubbliche né private, neppure a titolo gratuito.
- eliminare tutte le province, e accorpare i piccoli comuni. Anche le attuali Regioni andrebbero riviste, magari evitando di cadere di nuovo in una idea di "federalismo" che per come è stata concepita finora ha prodotto più danni che vantaggi in termini di debito pubblico; la "secessione", poi, lasciamola nella testa di quel signore che è cascato dal letto per prendere i sigari).
- eliminare tutti gli ordini professionali e le tariffe minime. Non vedo il motivo, ad esempio, per cui io non debba poter acquistare il 99% dei farmaci anche in un reparto di un supermercato anziché in farmacia. Del resto se questo non mi è consentito li compro tramite Internet, rischiando di più e andando ad alimentare economie altrui anziché quella Italiana. Oltre a ciò, eliminare l'obbligo di prescrizione medica per la stragrande maggioranza dei farmaci, inclusi molti antibiotici. Anche qui, le barriere possono ormai venire superate in altri modi, quindi tanto vale.
- eliminare l'IVA (o almeno ridurla drasticamente, altroché aumentarla!); in questo modo, fra l'altro, si toglierebbe il maggior capitolo di evasione fiscale e si potrebbero concentrare altrove le risorse per combattere quest'ultima.
- eliminazione dei contributi pubblici alla stampa.
- eliminazione dei contributi pubblici alle scuole private: chi vuole qualcosa di diverso dalla scuola pubblica (e laica) se lo paghi di tasca propria, detraendone il costo dalle tasse nella misura consentita (poi avrei da dire un paio di cose sulla scuola pubblica, ma le riservo ad altro post).
- eliminazione del valore legale del titolo di studio.
- eliminazione dei rimborsi elettorali e del finanziamento pubblico ai partiti, nonché dei vari otto e cinque permille, e tornare ad un concetto di donazioni liberali parzialmente detraibili ove consentito.
- eliminazione di qualunque patrimoniale, ad iniziare da bollo auto e canone RAI. Queste, che nei fatti sono imposte sul possesso di un'auto o di un televisore (se non addirittura di un computer, secondo alcune interpretazioni!), sono fra le più inique delle patrimoniali in quanto colpiscono soprattutto verso il basso. Così come sono fondamentalmente ingiuste le patrimoniali in genere, anche ove esse colpiscano chi le può sostenere, poiché vanno a tassare un possesso e non un reddito, ed il primo non implica necessariamente il secondo, sempreché naturalmente il possesso sia stato acquisito legalmente e non sia frutto, ad esempio, di evasione fiscale; ma questa è un'altra questione, e se l'obiettivo è quello di tassare i patrimoni per recuperare evasione, i primi a dover pagare più tasse saranno in realtà, come sempre, i comuni cittadini, con i loro piccoli risparmi e le loro modeste case di abitazione, mentre chi evade avrà semplicemente un buon motivo in più per continuare a farlo.
Ne avrei ancora due o tre da elencare, che riguardano direttamente il come creare nuovo sviluppo nel nostro Paese, ma demando l'argomento ad altro post, per ora mi fermo qui. D'altra parte nessuno sviluppo è possibile se prima non se ne creano i presupposti, che consistono appunto in quanto su elencato, ed altro ancora.
Buona parte delle suddette misure dubito possa venire posta in atto in modo tempestivo ed efficacie da qualsiasi governo basato sul consenso, e quindi l'unica possibilità di vederle attuate è tramite decreti, emanati da un Governo che non sia sottoposto al "ricatto" elettorale, e quindi sostanzialmente non democratico.
Le cose che ho indicato sono fra quelle assolutamente indispensabili, da fare in ogni caso. Basteranno ? No, se l'Europa non farà la propria parte, con un deciso balzo in avanti sulla via di una maggiore integrazione politica e fiscale, ed emettendo finalmente quegli Eurobond che, lungi dall'essere l'unica misura da adottare, nell'immediato taglierebbero l'erba sotto i piedi della speculazione. Naturalmente il prezzo da pagare per l'Italia sarà una ulteriore cessione di sovranità, e per la Germania l'accettare più inflazione, ma non ci sono alternative. A meno che naturalmente non si voglia davvero "buttare all'aria" il tavolo dell'Unione Europea, una risoluzione drastica ma che potremmo essere costretti a prendere comunque. Ma se invece Europa deve essere che Europa sia, ma l'illusione di poter fare solo la metà del lavoro è finita, perché quella metà non è politica ma solo monetaria. Diversamente tanto vale prendere atto ed agire di conseguenza, perché il crollo avverrà comunque e sarà tanto più catastrofico quanto più si aspetta. Dopo tutto, sempre meglio una morte rapida, sebbene ahimè non indolore, di una lunga e terribile agonia. Specie se la morte è la condizione ineludibile per giungere ad una resurrezione.
Aggiornamento del 01/11/2011: leggo oggi dell'idea di Umberto Bossi di introdurre
gabbie previdenziali, una proposta che non avrà alcun seguito ma che offre lo spunto per una riflessione. Può anche essere vero che nel complesso il Nord versa di più e prende di meno, e viceversa il Sud, ma se invece di formulare slogan si parlasse piuttosto di riformare il sistema in senso strettamente contributivo si comincerebbe ad andare nella giusta direzione, evitando
uscite che lungi dal risolvere il problema servono solo a generare polemiche. Non vedo perché uno che ha versato tanto debba prendere di meno solo perché abita al Sud, ed uno che ha versato poco debba prendere tanto solo perché sta al Nord; a parte il fatto che credo siano davvero pochi quelli che hanno versato anche solo per quello che prendono, e molti meno quelli che hanno versato di più, a meno che non siano morti poco dopo il raggiungimento dell'età pensionabile, ma questi sono statisticamente pochi. Il punto è che ogni volta che uno prende quello che non ha versato è perché c'è qualcun altro che versa quello che non prenderà, stia egli al Sud, al Nord o sulla Luna. Assistenza e Previdenza non possono essere la stessa cosa, anche se in Italia si fa così fatica a capirlo.
Aggiornamento del 04/11/2011: purtroppo la corda si sta spezzando. Sono decenni che l'Italia la sta tirando oltre ogni limite, rifiutandosi di fare i conti con riforme che non essendo state attuate in modo diluito negli anni adesso ci stanno presentando il conto tutte insieme. Non ci si può meravigliare se quando il resto del mondo va male chi è più debole vada peggio.
Aggiornamento del 14/11/2011: ora che il neo-senatore Mario Monti ha ricevuto l'incarico di formare il nuovo governo speriamo che lo faccia in fretta, ma soprattutto bene. Visto che le cose da fare sono chiare a tutti, e da tempo, vediamo se finalmente verranno fatte. Ma la "madre di tutte le riforme", quella secondo cui si dovrebbe limitare la rieleggibilità di un parlamentare a due legislature, manderebbe presto a casa anche coloro che più hanno caldeggiato la via del "governo tecnico", in modo da ottenere in Parlamento quello che non sono riusciti ad ottenere dalle urne, ovvero un maggior peso politico nel Paese, quindi non sono troppo ottimista circa il fatto che questo genere di politica sia disposta a farsi riformare da Monti.
Aggiornamento del 17/11/2011: Il nuovo governo Monti ha prestato giuramento ed ha dichiarato le linee guida del suo programma. Un discorso impeccabile e che ha riguardato molti dei temi elencati più sopra, e quindi encomiabile nella forma. Nell'immediato, tuttavia, la sostanza sarà ancora una volta l'aumento delle tasse, con un possibile ulteriore aumento dell'IVA e con un pressoché certo (e più pesante) ritorno dell'ICI, la più iniqua fra tutte le patrimoniali in quanto, al pari del bollo auto e del canone RAI, va a colpire in basso. Se oggi le persone perdono il lavoro anziché trovarlo e non riescono più a pagare il mutuo della casa, il pretendere che paghino anche l'ICI non costituisce certo un buon inizio per il nuovo governo. Quanto alla cosiddetta Imposta Municipale Unica (IMU), vedremo se essa rimarrà davvero "unica" o se non debba piuttosto essere rinominata presto in Imposta Municipale Ulteriore. Personalmente non avrei dubbi in proposito, ma si vedrà. Resta il fatto che ogni patrimoniale è ingiusta, ma se giustificata da condizioni straordinarie essa deve essere applicata solo là dove meglio può essere sopportata, e per un tempo limitato. Ma il concetto di fondo è uno solo: non vi è ulteriore spazio in questo Paese per un ulteriore aumento della pressione su chi le tasse già le paga. Se se si introduce una nuova tassa se ne deve togliere un'altra, quindi se torna l'ICI se ne deve andare il bollo auto, o il canone RAI. Oppure si devono dichiarare fuorilegge le postazioni fisse autovelox e simili che i Comuni hanno installato ovunque nel tentativo di tamponare i sempre più difficoltosi bilanci, visto che questi mezzi costituiscono un uso strumentale del concetto di legalità ai fini di far quadrare i conti (senza peraltro riuscirci), e sono quindi particolarmente deprecabili in quanto rendono auspicabile la commissione di infrazioni. Paradossalmente, che non "delinque" non va bene perché non favorisce il raggiungimento degli obiettivi di bilancio! Il concetto quindi è che si tratta di metodi in tutto assimilabili ad una imposta patrimoniale surrettizia sul possesso di un veicolo. Meglio allora rendere le strade a pedaggio, così se non altro pagheranno tutti poco, e nella certezza del diritto, anziché pochi tanto e nell'incertezza totale rispetto a quelli che sono veri e propri "agguati" tesi agli automobilisti.