Si fa un gran parlare in questi giorni del redditometro, uno strumento che secondo coloro che "pensano bene" sarebbe volto a combattere l'elevato tasso di evasione fiscale che c'è nel nostro Paese. Ma, come diceva qualcuno più famoso di me, a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina.
Questo strumento di accertamento fiscale di massa, di cui tutti i politici negano oggi la paternità visto il clima pre-elettorale, è stato da qualcuno ribattezzato in "riccometro", forse per fare un favore ad una certa Sinistra, e forse anche per renderlo in qualche modo più "orecchiabile" a chi ritiene che ad essere ricchi si faccia peccato, soprattutto se i ricchi "sono gli altri" (un'idea ben lontana dal modo di pensare di altri Paesi, ad esempio la calvinista e più pragmatica Svizzera, dove infatti la maggior parte della popolazione se la passa decisamente meglio che da noi). La cosa non è dissimile dal parlare di "termovalorizzatori" anziché di inceneritori, di "diversamente abili" anziché di disabili, di "persona di colore" anziché di nero (si, perché nessuno si riferirebbe a un bianco con quel termine e quindi il "colore" a cui ci si riferisce è uno solo: il nero), e così via, così come del resto il termine "extracomunitario" non è di solito sinonimo di Svizzero, Canadese o Australiano.
Ma tornando al redditometro/riccometro, vista la situazione esso potrebbe più fedelmente essere ribattezzato in "poverometro", perché in Italia ormai c'è molta più povertà da mappare che non ricchezza. Questo strumento è figlio di quella idea secondo cui le tasse in Italia sono alte perché non tutti le pagano. Che non tutti le paghino è certamente vero, ma è altrettanto vero che non sono alte per quel motivo, se non in minima parte. La realtà è che le tasse sono troppo alte per colpa dell'eccessivo debito pubblico, della scarsa volontà politica di ridurlo adottando misure impopolari e della impossibilità di agire sulla leva monetaria a causa dell'Euro. E per giunta, a fronte di una pressione fra le più elevate al Mondo, riceviamo in cambio servizi scadenti ed un apparato statale inefficiente e vessatorio. E con più sono alte le tasse, con più vi è incentivo ad evaderle da parte di chi può farlo, contro il quale nulla o quasi potrà il redditometro. Inoltre il ricco può sempre spostare le proprie ricchezze altrove, come dimostra l'incremento delle tasse di stazionamento sulle imbarcazioni, che ha semplicemente svuotato i porti Italiani ed ha riempito quelli della Croazia e della Costa Azzurra.
Non c'è un solo Paese al mondo che faccia della lotta all'evasione fiscale lo strumento chiave per darsi una prospettiva di crescita, come si può osservare ad esempio nei Paesi del cosiddetto BRIC, quelli a più alto tasso di sviluppo, nei quali la pressione fiscale è modesta e che certamente non combattono l'evasione in modo particolarmente draconiano, innanzitutto perché non ve n'è bisogno, e non perché non si evada (fermo restando che una lotta serrata all'evasione a fronte di tasse modeste ci può anche stare, come avviene negli Stati Uniti). Anche da noi negli anni '50 e '60 del secolo scorso, gli anni in cui, guarda caso, ci siamo sviluppati ed abbiamo prodotto un boom economico che oggi sembra fantascienza, le tasse erano basse, spesso pagate si e no, il debito pubblico era molto meno elefantiaco, c'era una libertà di impresa oggi inimmaginabile e i costi della macchina statale erano molto più modesti.
Tornando all'odierno redditometro, esso non rappresenta altro se non la sostanziale incapacità dello Stato di recuperare in altro modo l'evasione fiscale. Se lo Stato funzionasse, esso sarebbe benissimo in grado da solo di recuperare tutte le informazioni necessarie, e che in massima parte esso già possiede, visto che tutti i beni sono intestati a qualcuno, ci sono le dichiarazioni dei redditi, le utenze, le bollette, i bolli auto, le assicurazioni, il canone RAI, in una parola c'è tutto, ma proprio tutto, per fare gli incroci necessari e fare emergere le incongruenze più macroscopiche (come ad esempio un SUV da 80.000 Euro intestato ad un nullatenente, o a qualcuno che non ha nemmeno fatto la dichiarazione dei redditi). Se nonostante ciò lo Stato deve ancora una volta andare a chiedere di nuovo tutte le informazioni ai cittadini, la cosa è particolarmente preoccupante rispetto all'effettiva capacità di questo Stato di "mirare giusto", colpendo i disonesti e salvando gli onesti. Senza contare poi che siamo in Italia, un paese in cui la corruzione e la concussione non sono certo assenti fra i funzionari della macchina statale, e a questo si deve aggiungere che l'accertatore è incentivato economicamente sulla base delle sanzioni comminate, che egli non ha nulla da rischiare nel caso di errori (visto che oltretutto l'onere della prova è stato portato in capo all'inquisito). Non è quindi difficile immaginare lo scenario nel quale il grande evasore, messo alle strette, possa offrire al funzionario una "busta" di entità ben maggiore a quella degli incentivi retributivi del secondo, ed uscirne con un danno molto limitato, mentre il contribuente onesto, non avendo granché da offrire, sarebbe quello che paga (ancora una volta) per tutti. L'essere chiamati a fornire prove convincenti della propria legalità davanti ad uno Stato del genere non può che spaventare. Uno Stato che non è in grado di accertare le cose tramite l'enorme quantità di dati di cui esso già dispone, deve preoccupare soprattutto proprio coloro che in teoria non dovrebbero preoccuparsi. Ma non abbiate paura: "chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere", come amava dire Goebbels, il ministro della propaganda durante il regime di Hitler.
Ma c'è di più. In un contesto economico come quello attuale, l'ultima cosa da fare è proprio quella di adottare un metodo inquisitorio nei confronti del tenore di vita che si sostiene. Ci sono modi molto più efficaci, automatici, e che per giunta incentiverebbero drasticamente i consumi anziché scoraggiarli, come il pagamento delle tasse sull'"utile di esercizio" anche per le persone fisiche, come è per le aziende (chi non chiederebbe una ricevuta ?). Certo, meno tasse comporterebbero un radicale ripensamento di come oggi vengono spesi (in realtà sprecati) i soldi pubblici, questo è ovvio, ma se si incentivano i consumi le tasse rientrano poi per altre vie. La mia opinione è che l'applicazione di questo redditometro, con queste modalità e in questo contesto, produrrà un recupero al più marginale, se non irrisorio, della grande evasione, mentre sicuramente finirà con il produrre sanzioni su chi le tasse le paga e le ha pagate, deprimendo ancora di più i consumi e andando a erodere ulteriormente il risparmio delle famiglie, risparmio al quale, nella scarsità (o assenza) di reddito a causa della situazione, occorrerà attingere per pagare le ingiuste sanzioni rispetto a ciò che non si riuscirà a dimostrare di non avere fatto (!), dopo avervi già attinto per pagare tasse che ormai si spostano sempre più dal reddito (che non c'è) al patrimonio (che già si è pagato, e caro), come le varie ICI, IMU, bollo auto, canone RAI, e compagnia bella.
Per quanto riguarda quelle fascia di "benpensanti" che ritengono che il redditometro possa servire a "stanare" coloro che attraverso una dichiarazione ISEE truffaldina usufruiscono di agevolazioni non dovute, ebbene, oggi i maggiori fruitori di quelle agevolazioni sono in massima parte cittadini extracomunitari, che spessissimo dichiarano una situazione famigliare in cui la madre è casalinga e il padre è disoccupato (e quindi davvero non si capisce come facciano a sopravvivere, o meglio, lo si può intuire: lavorando in nero). Su questi abusi, che sono la gran parte, non produrrà alcun effetto utile. Per colpire gli altri invece, come già ho detto, non occorre certo il redditometro, visto che se uno che non paga la mensa scolastica va a prendere il figlio a scuola con un SUV nuovo fiammante da varie decine di migliaia di euro, quel SUV sarà necessariamente intestato a qualcuno, così come la casa in cui si vive e le bollette che si pagano, tutti indicatori già noti al fisco e più che sufficienti per far accendere la lampadina dell'accertamento.
In conclusione, quindi il redditometro sarà in sostanza uno strumento di accertamento di massa, particolarmente insidioso per la fascia medio-bassa dei cittadini, ovvero quelle famiglie che dichiarano redditi inferiori ai 50.000 Euro all'anno, mentre i veri evasori continueranno a ridersela bellamente, visto che quelli sono fra i ricchi, e questi si sa che se la passano tanto meglio quanto più si vive in una situazione di impoverimento generale e di schiacciamento verso il basso della classe media.