Ormai era nell'aria da un po', ed è successo: il Governo presieduto da Mario Monti è giunto al capolinea. Non so se gioirne o se preoccuparmene. Da un lato infatti, come si può leggere nei numerosi post che ho fatto sul blog a proposito di questo Governo, la cosa non mi dispiace. D'altro lato, però, questo epilogo conferma come le promesse mancate di Monti, spesso sostituite con nuove tasse, non sono colpe imputabili tanto a Monti stesso, quanto piuttosto a quello schieramento di (vecchi) partiti che fin'ora, in un modo o nell'altro, lo hanno sostenuto, ma che al tempo stesso ne hanno anche fortemente condizionato e limitato il campo di azione. Che questa situazione non potesse durare a lungo era chiaro, e con l'avvicinarsi di nuove elezioni politiche è semplicemente successo ciò che non poteva non succedere. Ma non possiamo non prendere atto come a mettere la parola fine sia stato il Centrodestra, che così facendo si è rivelato come il vero ostacolo sulla via di un Governo tecnico che nel suo programma iniziale aveva messo grandi cose, anche molto apprezzabili, sulla maggior parte delle quali i partiti sono entrati a gamba tesa, fino a quest'ultimo sgambetto finale, che mi sembra più il tentativo del Centrodestra di esorcizzare i propri problemi interni scaricandoli sugli Italiani, all'insegna del "tanto peggio, tanto meglio". Bene a fatto quindi Mario Monti a giocare in contropiede, sottraendosi al ruolo di vittima sacrificale che si è cercato di cucirgli addosso.
Purtroppo, dell'esperienza del Governo "tecnico" ciò che resta sono i problemi dell'Italia, ad oggi irrisolti e ora affiancati da una pressione fiscale che toglie ogni prospettiva di sviluppo. La medicina ci sarebbe, ma richiederebbe un Governo libero di agire senza ricatti, e probabilmente non basato sul consenso, cioè un Governo "molto tecnico", quindi non sono ottimista. C'era Matteo Renzi, ma non c'è più. C'è Beppe Grillo, ma i dubbi che suscita non sono pochi. Paradossalmente, forse dobbiamo augurarci una nuova discesa in campo di Mario Monti, stavolta non più solo come tecnico ma come politico, e con un consenso tale da poter seriamente porre in atto quelle riforme radicali di cui il Paese ha assoluto ed urgente bisogno, senza slogan e senza facili populismi.