L'ondata di freddo di febbraio-marzo 2018
Ricordi di due incredibili settimane di inverno
La prima parte dell'inverno
L'inverno 2017-2018, specie se confrontato con l'ultima infelice serie di non-inverni, appare come una stagione che per lungo tempo ha saputo proporre dinamicità e condizioni invernali. Novembre, dopo essere trascorso con temperature inferiori alla media, si era chiuso con una coreografica fioccata anche in pianura, quantomeno su queste zone. Il mese di dicembre, poi, aveva saputo regalare due decadi governate dal nord Atlantico, con ripetute nevicate sui rilievi (specie alpini) e freddo intenso in pianura. Purtroppo, però a inizio mese e dopo l'Immacolata sono saltate due grandi occasioni per assistere a una bella nevicata anche in città, la prima per assenza di precipitazioni e la seconda per colpa di un intrusione di aria troppo mite alle quote medie, che aveva peraltro provocato un pesante episodio di gelicidio nella vallate appenniniche del piacentino. La combo di AO e NAO negative è stata però fatalmente accompagnata da un crollo eccessivo del PNA, e questo ha provocato in terza decade una pronta risalita di tutti questi indici a causa del riaccorpamento del Vortice Polare, evento diventato ormai una garanzia negli ultimi anni a ridosso del periodo natalizio. Il flusso umido e mite della terza decade di dicembre era solo il preludio dell'imminente rialzo dei geopotenziali sul Mediterraneo e di una lunga pausa dell'inverno. Dopo una nevicata che, contro ogni previsione, è stata strappata al dominio anticiclonico durante la notte di Capodanno (1-2 cm bagnati), l'anticiclone si è imposto vanificando ogni velleità invernale per tutto il mese di gennaio. La mia neonata passione per la meteo era così posta di fronte alle prime frequenti delusioni.
La svolta
Con l'avvio di febbraio, gli indici teleconnettivi sono tornati ad orientarsi in modo favorevole a condizioni invernali sull'Italia. Il PNA è andato nuovamente negativo, ma questa volta il segno di AO e NAO era opposto, ed un importante contributo è stato dato da una MJO estremamente intensa ed in rapido passaggio in fase 7. La combinazione di questi elementi ha riportato la dinamicità sul Belpaese, con tempo nuovamente più freddo e perturbato. Febbraio 2018 ha inoltre segnato apporti nivometrici abbondanti lungo tutto l'Appennino emiliano, con accumuli importanti fino a quote collinari. All'inizio della terza decade del mese, un ridge Atlantico al largo delle coste europee ha avviato una nuova fase di blocco della zonalità, e la strutturata onda anticiclonica che ha preso piede a tutte le quote ha indotto SSW (riscaldamento stratosferico improvviso) eccezionale. Nel giro di pochi giorni si è passati quindi ad un'inversione dei venti zonali, con crollo di NAO e AO e instaurazione di una circolazione orientale sull'Europa.
Circolazione invernale su tutta Italia
Il 20 febbraio ebbe così il via un primo afflusso di aria fredda sull'Europa mediterranea, frutto della spinta verso nord del promontorio anticiclonico. Come di consueto, l'ingresso di una massa d'aria da nord-est ha generato una ciclogenesi sul Tirreno, che, a causa della situazione bloccata, è rimasta stazionaria alimentando il richiamo di venti di Bora e di Scirocco, il cui contrasto ha prodotto una spirale perturbata che ha dispensato fenomeni su tutta la Penisola, nevosi a bassa quota al nord e sul versante adriatico. All'alba del 22, scostando le tende, vidi timidi fiocchi solcare l'atmosfera cupa, e il giorno seguente mia madre mi svegliò dicendomi: "Alzati, che c'è una sorpresa...", ed ecco di nuovo la neve, questa volta con un paio di centimetri fradici al suolo. Faticavo a crederci, poichè le previsioni non ne avevano fatto cenno, e all'epoca non seguivo ancora le carte meteorologiche in modo indipendente. Il 24 febbraio è stata una giornata umida ma mite, segnata da un prepotente richiamo sciroccale e che non faceva minimamente presagire quello che sarebbe successo nelle successive 24 ore.
Il 25 era una domenica, ed il giardino si presentava nuovamente imbiancato. Mi accorsi però già a prima vista che non si trattava di neve umida, bensì farinosa, e uscito da Messa già un pallido sole e forti raffiche di vento da est la avevano quasi del tutto rimossa. Quel giorno la massima non raggiunse i +5°C, e la sera stessa, di ritorno da un calcetto, vedevo ancora qualche fiocco portato dal vento, mentre la temperatura scendeva sottozero. Un tracollo del genere nel pieno di forti raffiche era spiegabile solo con una massa d'aria veramente fredda. In quota, infatti, la -5°C aveva già riempito il catino padano, e la -10°C sarebbe entrata nelle ore seguenti. Le mattine del 26, 17 e 28 febbraio avevano del surreale: ai tempi seguivo con attenzione le previsioni di Luca Angelini, mentre per quanto riguardava il nowcasting il CML era la mia unica luce. Leggevo valori del tipo -15,2°C sul Monte Penice, ma anche diffusi -6°C/-8°C in pianura, eppure mentre andavo a scuola, peraltro nelle ore più fredde della giornata, non trovavo nè avvertivo tracce di un così crudo inverno. Il sole splendeva, non c'era la brina, e il cielo era terso e di un azzurro luminoso. La volta che il padre di un mio amico ci ha dato un passaggio, però, leggendo sul termometro della macchina ho potuto appurare che quel freddo fosse tutto vero....fu lì che compresi il significato di umidità relativa. Mi venne il dubbio di consultare quel parametro dalle stazioni della rete CML, e mi accorsi che a quelle temperature così rigide era associati valori di u.r. desertici. L'unica traccia di gelo era rappresentata da rubinetto presente nel mio cortile, da pendeva un lungo candelotto di ghiaccio che ogni giorno cresceva, fino a toccare il fondo del lavandino. Mancava però una cosa fondamentale per sigillare un buon ricordo di questo colpo di coda dell'inverno: la neve. Eppure su gran parte d'Italia, la dama bianca aveva già fatto la sua comparsa in gran spolvero, anche in zone inconsuete, come, ad esempio, Roma e Napoli, rispettivamente imbiancate il 26 e 27 febbraio da 15 e 10 cm. Qui, sapevo che l'unica grande chance era costituita dalle nevicate da raddolcimento, quelle che solitamente seguono un periodo molto freddo, e dalle previsioni qualche buona notizia, finalmente, arrivava.
Finalmente arriva la neve
Finalmente, dopo lunga attesa, la sera del 28 il cielo andò coprendosi, e sapevo che le previsioni di Luca Angelini non avrebbero mentito. Rimasi sveglio più del solito, con lo sguardo rivolto al lampione della via, nell'attesa di vedere i primi fiocchi, ma nulla si mosse, ed a una certa ora dovetti desistere, anche perchè il giorno dopo sarei dovuto andare a scuola.
All'alba era tutto bianco, ammantato da uno strato di neve di 5-7 cm farinosi. Nevicò ancora a tratti, ma la perturbazione era veloce, l'aria secca e probabilmente una leggera ombra pluviometrica sul nord-ovest non aiutava. I giorni precedenti, per quanto freddi, al nord erano emozionanti più che altro sulle carte e non certo a livello di fenomeni. Le temperature, complice una primavera ormai alle porte, non erano scese così tanto al suolo come avrei sperato, non si erano registrate giornate di ghiaccio e la nevicata occorsa nella capitale era di gran lunga più abbondante di quella qui osservata giovedì 1 marzo. Insomma, la prospettiva che dal giorno seguente la pioggia avrebbe cancellato lo strato nevoso lasciava un po' di amaro in bocca. Fortunatamente, le previsioni si sbagliarono, e il 2 marzo fu di nuovo tutta neve da Reggio Emilia verso ovest: altri 4-5 cm, questa volta un po' più umidi, ma le stazioni di crinale, con la loro banderuola che segnava un furioso Libeccio, rimanevano fortunatamente sottozero. Tornai a casa da scuola, e per il secondo giorno trovai il camino acceso, quasi a voler ricordare un'atmosfera natalizia. Nemmeno il buon Luca Angelini, però, ebbe regione sul giorno successivo: sarebbe dovuta essere tutta pioggia, stante il rialzo termico portato da una terza e più intensa perturbazione. Al risveglio trovai il solito cielo fuligginoso, l'aria ferma, imperturbata, ma quando varai l'uscio mi accorsi che l'atmosfera era particolarmente fredda: timidi rasserenamenti nella notte avevano permesso all'albedo di fare il proprio dovere, portando le temperature nuovamente fin verso i -7°C, ma pure alle quote critiche, quelle di alta collina, si era tornati ampiamente sottozero. I primi fiocchi iniziarono a svolazzare mentre camminavo verso la scuola, e nel giro di 20 minuti la lezione chi la seguiva più? Una cascata di fiocchi grandi come fazzoletti iniziò a cadere, e nel giro di un batter d'occhio le strade cedettero nuovamente al candore di tutta quella neve. Io curavo costantemente le temperature delle stazioni di collina e montagna, che si portavano pericolosamente vicine allo 0°C. Un temporaneo calo dell'intensità dei fenomeni a metà mattina fece trasformare la neve in pioggia. I vetri delle auto iniziavano a pulirsi, ed il fresco accumulo iniziava a squagliarsi...sembrava tutto finito.
Ricordo che era l'ora di informatica, e chiesi di andare in bagno, ma lo scopo era essenzialmente quello di poter tirare una boccata d'aria fuori da quel laboratorio fetido. Ripercorsi il corridoio dopo 5 minuti, e, passando di fronte alle grandi vetrate, vidi con gran stupore che la neve aveva ripreso a cadere, nuovamente fitta e a larghe falde! Un nuovo nucleo di precipitazioni era prontamente arrivato in soccorso di noi nivofili, interrompendo il repentino rialzo termico delle quote medie. Il tutto resisteva grazie ad una perfetta omotermia, di cui le stazioni che seguono il profilo dell'Appennino erano testimoni: dai 1450 metri del monte Penice alla pianura, tutte perfettamente allineate su valori tra -0,1°C e +0,1°C. Situazione che lasciava poco tranquilli, eppure la fioccata proseguì intensamente per tutto il resto della mattinata. Pensavo che sarebbe girata in pioggia da un momento all'altro, ma invece le strade tornarono ad imbiancarsi ed i soffici accumuli di neve fresca si ispessivano a vista d'occhio. Mi precipitai fuori per primo non appena suonò la campanella, per non perdermi più nemmeno un solo attimo di quello spettacolo. Ripercorsi lentamente la via del ritorno, cogliendone con lo sguardo ogni angolo, incrocio e muretto, tutto così splendidamente trasformato. Pure i grigiastri mucchi dello spazzaneve erano ammantati di bianco, e il campanile del centro cittadino scompariva in quel candore abbagliante. La intensa nevicata mi accompagnò fino alle soglie di casa: la nandina, la siepe e il vialetto erano scomparsi sotto l'accumulo, e all'ingresso, per il terzo giorno di "primavera", trovai il camino acceso. La neve seguitò a cadere fin dopo l'ora di pranzo, per poi gradualmente attenuarsi fino a cessare, ma non girò mai in pioggia. Sabato 3 marzo, contro ogni previsione, ci aveva regalato almeno altri 10 cm di accumulo, sopra il già consistente strato di neve dei giorni precedenti, e l'aveva fatto con una delle più belle nevicate che io ricordi. In tempi così avari di neve, impossibile dimenticarsi di una giornata così.
I giorni seguenti, purtroppo, cancellarono rapidamente le tracce di tutto ciò. La neve scomparve sotto l'incalzare di piogge battenti, ma in un contesto sempre freddo, tanto che l'Appennino fece il pieno. Una nuova ondata di freddo portò qualche fiocco fino ai piedi delle colline attorno al 20 di marzo. La cornice dell'Appennino imbiancato ce la portammo dietro fino a fine mese, ma quello fu l'ultimo saluto del freddo, che nei giorni seguenti lasciò spazio ad una calda primavera. Solo un mese dopo, infatti, cadde grandine furiosa, e alla fine di aprile le temperature facevano assaporare già un clima estivo.
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