Il gelo padano di dicembre 2021
Analisi giorno per giorno della situazione meteorologica
Introduzione
Dicembre 2021 ha serbato per gran parte d'Italia condizioni poco invernali, specie a partire dalla seconda decade, quando un'anticiclone con radici oceaniche si è imposto, condizionando poi tutta la restante parte d'inverno. Tuttavia, c'è un'area d'Italia che anche in condizioni pienamente anticicloniche riesce ad autoprodursi situazioni dal profilo invernale, talora crudo, in particolar modo nei primi 50 giorni di stagione. Stiamo parlando dell Pianura Padana, che grazie alla sua particolare orografia, che la vede chiusa su tre lati dalle Alpi e dagli Appennini, limita l'azione rimescolante delle brezze, e, grazie alle lunghe notti invernali che consentono un forte raffreddamento del suolo (e di conseguenza dei primi metri d'aria), consente un ristagno di aria fredda che può risultare molto difficile da scalfire, specie al di sotto dei 200 metri, dove sovente si presentano anche fitti banchi di nebbia a limitare l'azione della già scarsa radiazione solare. Vi sono tanti esempi negli ultimi anni, durante i quali, a fronte di condizioni spesso poco invernali, l'area padana è risultata l'unica area termicamente nella norma: 2011, 2013, 2016 e, appunto, 2021. Quest'ultimo merita senz'altro una menzione particolare, specie per quanto concerne la piccola porzione che ha ospitato la neve.
Dettaglio
L'avvio del primo mese d'inverno è stato contraddistinto da impetuose correnti settentrionali pilotate da alcuni nuclei depressionari che si sono fiondati in serie dall'artico verso il Mediterraneo, configurazione che è nota per portare interessanti spunti invernali su gran parte d'Italia e in particolare sui rilievi, mentre l'area padana, restando sottovento rispetto al baluardo alpino, non osserva fenomeni di rilievo nè resta esposta direttamente alle correnti fredde, ma riceve al più una ventilazione favonica notoriamente nemica del freddo e delle precipitazioni. Successivamente, grosso modo dalla seconda settimana del mese, il corridoio di impulsi depressionari ha assunto un asse leggermente più obliquo e meridionale, con aria di natura atlantica, dunque meno fredda, ma permettendo quantomeno agli impulsi di inserirsi ad ovest della nostra area, garantendo un richiamo prefrontale di correnti meridionali che con tale traiettoria riescono a portare i fenomeni anche in Val Padana: il giorno dell'Immacolata, un affondo più sud-occidentale dei precedenti concede dunque la possibilità della prima diffusa nevicata fino in pianura al nord. In fase previsionale gli elementi che giocano a favore o che remano contro rendono veramente complicato stilare un quadro attendibile: da un lato abbiamo l'arrivo di correnti meridionali in quota, l'aria atlantica generalmente poco fredda e l'orario d'arrivo della nuvolosità, prevista dalla sera del 7, e dunque sfavorevole per la dispersione tramite irraggiamento del calore accumulato in giornata; dall'altro, gli amanti della neve possono contare sull'intensità e abbondanza delle precipitazioni, nonchè su una colonna d'aria resa molto secca dalle correnti favoniche dei giorni precedenti, e dunque propensa ad un marcato raffreddamento all'arrivo delle precipitazioni. Alla fine, la controversia previsionale tra i modelli che relegavano la neve ai rilievi collinari e quelli che davano 30 cm su Piacenza si è risolta con una nevicata da Asti a Milano a Parma, ma con temperature molto al limite e conseguente neve bagnata e scarso attecchimento della stessa.
8 dicembre - Prima nevicata
A fronte di quasi 20 mm equivalenti, l'accumulo misurato ammonta a soli 8,5 cm. Il graduale afflusso mite in quota, peraltro, logora la colonna anche ai piani alti, e di conseguenza la neve gira in pioggia nel corso della notte sul 9. Ad ogni modo, il manto riesce a conservarsi per tutta la giornata, ed in serata ampie schiarite permettono un discreto raffreddamento, contenuto parzialmente dalla formazione di un fitto nebbione.
10 dicembre - Seconda nevicata
A dispetto della nebbia, nella notte vengono avvicinati i -6°C, il che ha favorito lo sviluppo di una suggestiva galaverna ad aghi, fenomeno divenuto ormai molto raro. Il cielo si presenta nuovamente coperto, e tale nuvolosità non è che l'avamposto della nuova perturbazione nord-atlantica che, sfruttando il corridoio tracciato dalla precedente, si è intrufolata sull'alto Tirreno attraverso la valle del Rodano. In tarda mattinata si verificano brevi e locali rovesci di graupeln, e poco dopo le 11 inizia improvvisamente una fitta nevicata a larghe falde che imbianca le superfici in una decina di minuti. La traiettoria meridionale intrapresa dal minimo e la sua rapida evoluzione verso sud-est non consentono un coinvolgimento importante delle province situate a nord del Po, mentre sul piacentino la fenomenologia persiste per circa 6 ore in maniera anche piuttosto intensa e continua, e, complice una colonna sana e con temperature ampiamente negative al suolo, l'attecchimento risulta questa volta ottimale, e all'imbrunire si registra un accumulo di 7,5 cm. Unica pecca, in serata, la persistenza della copertura nuvolosa: per poco, infatti, si sfiora la giornata di ghiaccio.
Albedo a pieni giri
Tese correnti in quota riescono a pulire il cielo già nel corso della notte, ma le brezze impediscono la sedimentazione d'aria fredda degli strati più prossimi al suolo. Dalla mappa delle temperature minime notturne si evince come a beneficiare di un discreto effetto albedo siano le aree più riparate, ovvero i fondovalle appenninici e le zone di più bassa pianura. La sera, tuttavia, le brezze vanno scemando, e ciò consente un più marcato raffreddamento anche della nostra zona, tanto che alla mezzanotte la stazione rileva già -7,7°C, ma in aperta campagna si toccano già i -10°C (foto termometro in zona isac). La temperatura si stabilizza poi tra -8°C e -9°C per tutta la notte, con una minima assoluta di -9,6°C. Una grande performance della dinamica inversionale! Ma è solo l'inizio...
Marcato profilo inversionale con nebbie d'altri tempi
Come si osserva dalla sequenza delle bariche sull'Europa, con l'avvio della seconda decade un forte anticiclone atlantico si insedia in pianta stabile sull'estremo ovest europeo, ponendo i propri massimi sulle isole britanniche. Ne consegue una quasi completa stabilità atmosferica per tutto il nord Italia, il quale resta sottovento rispetto alle correnti settentrionali convogliate dall'anticiclone. Alle quote di montagna ha così il via un rialzo termico non indifferente, mentre la pianura assiste al consolidamento di uno strato inversionale freddo e umido. Contro questo ospite coriaceo, il pallido sole di dicembre e i venti a regime di brezza non hanno alcuna chance, cosicchè le nebbie iniziano a spadroneggiare. Proprio come una nuvola, la nebbia tende a schermare la radiazione rilasciata dal suolo, provocando un moderato effetto serra, ma, stante l'estrema sottigliezza di questa inversione termica, l'irraggiamento notturno resta comunque possibile, mentre le poche ore di luce (siamo nel periodo più buio dell'anno) non riescono a compensare l'abbassamento termico. Ne consegue una pronta stabilizzazione delle temperature su valori mediamente negative, con massime talora prossime allo zero e minime di 3/4°C inferiori. Questo contesto prolunga l'inverno di circa due settimane per la pianura, mentre in collina e montagna può già dirsi di fatto conclusosi. Di seguito, il grafico delle temperature massime e minime di Castel San Giovanni (80 mslm) e del Penice (1400 mslm): come si può vedere, le massime registrate in pianura sono state talora inferiori alle minime registrate in vetta al nostro appennino (fig.1).
Il radiosondaggio eseguito presso Novara (fig.2) è eloquente nel descrivere le peculiarità microclimatiche della bassa pianura in inverno durante condizioni anticicloniche. Il profilo termico verticale assume infatti caratteristiche inversionali negli ultimi 1000 metri dal suolo, e nell'ultima manciata di metri punto di rugiada e temperatura coincidono: lì, l'aria è a condensazione, ovverosia siamo in condizioni nebbiose.
E ora...spazio alle foto!
Mai nel recente passato si era osservato un periodo inversionale così duraturo. Corretto posizionamento dell'alta pressione, assenza di flussi umidi occidentali, deboli correnti da nord-est in quota, neve al suolo: questi gli ingredienti indispensabili, che questa volta fortunatamente non sono mancati. Gli scatti che seguono sono figli delle manifestazioni più artistiche della natura e dell'occhio che le ha sapute cogliere, e sono sicuro che saranno apprezzati da chiunque abbia una certa sensibilità, con particolare riferimento ai freddofili. I ricami di ghiaccio, la galaverna con tutte le sue forme arzigogolate simili a frattali e tutti i soggetti immortalati sono stupendi anzitutto perchè rari, specie di questi tempi in cui l'inverno è diventata l'eccezione all'interno di un trimestre spesso spartito tra autunno e primavera. Nonostante ciò, tuttavia, è bene ricordare che fino a 20 anni fa tali fenomeni costituivano la normalità nei mesi più freddi, quando, grazie anche a più frequenti nevicate, la peculiarità della pianura padana di autoprodursi e mantenere il freddo entrava in gioco per diverse settimane.
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