Inverno 2022-2023


Complessivamente perturbato ma molto mite

La manovra atmosferica responsabile dell'ESE-freddo che ha mortificato l'inverno

Ottobre

L'avvio del semestre freddo ha un sapore quasi estivo: per tutto il mese non transita nemmeno una perturbazione, e quell'indissolubile anticiclone subtropicale, che mortifica ogni qualsivoglia iniziativa fredda o piovosa, ci tiene compagnia per tutti i 31 giorni, aggravando quel già pesante deficit idrico accumulato nell'ultimo biennio. Le temperature restano saldamente 3-4°C al di sopra della norma, e, a riprova della tenacia anticiclonica, il 29 si sfiorano ancora i +25°C.

Novembre

Il terzo mese d'autunno, finalmente, prova a far rientrare le anomalie termiche ea mettere una pezza alla crisi idrica. Tra il 3 e il 4 transita la prima vera perturbazione dell'autunno, la quale riversa 21,9 mm di tanto attesa pioggia, cui fa seguire un clima finalmente più consono ai ranghi stagionali, tanto che, senza grossi ritardi sul calendario, si presentano le prime brinate. Successivamente, una rimonta anticiclonica prova a riconquistare l'Europa occidentale, ma viene insidiata da una temeraria goccia fredda che, con moto retrogrado, attraversa il nord Italia, per poi agganciare il flusso di perturbazioni atlantiche, trascinandolo verso sud e battendo la pista per il transito di queste fin sul Mare Nostrum. Tra il 9 e il 16 precipitano altri 16,4 mm, cui si aggiungono quelli della ben più importante perturbazione del 21-22 novembre, quando cadono 37,1 mm. Il mese si chiude con una decade dal sapore addirittura invernale, con 4 deboli gelate, qualche nebbia, un po' di pioviggine e massime talora sotto i +10°C. L'anomalia ammonta a +1,72°C, un mese "freddo" se messo in relazione con i precedenti, mentre 79,0 mm costituiscono l'accumulo mensile, un valore non abbondante ma che consente quantomeno di tirare un sospiro di sollievo.

dicembre

L'inverno meteorologico si apre con lo sviluppo di un'interessante manovra invernale sul comparto più settentrionale europeo, dai risvolti potenzialmente molto freddi anche sul Mediterraneo. Ma l'eccessiva negatività dell'oscillazione artica (AO) fa transitare questa retrogressione a nord delle Alpi, regalando una settimana di tempo spiccatamente perturbato sulle nostre aree, ma di stampo più autunnale, tanto che la neve interessa a fatica le cime dell'Appennino, e talvolta nemmeno quelle. Positivo, comunque, l'avvio di stagione, con due organizzate perturbazioni atlantiche che regalano 68,5 mm di pioggia nella prima decade. Finalmente, all'inizio della seconda decade, parte dell'aria fredda riesce a tracimare sul catino padano, e nel contempo una bassa pressione atlantica con traiettoria molto meridionale avanza lentamente verso levante: sembra sia finalmente la volta buona per concretizzare una nevicata di rilievo anche in pianura, invece il reiterato richiamo mite prefrontale causato dalla troppa lentezza della stuttura depressionaria provoca l'erosione del cuscinetto d'aria fredda formatosi. Dopo una debole nevicata occorsa il 13, si susseguono ore e ore di nuvolosità sterile e miti venti in quota, con rapida risalita dello zero termico ben oltre i 1500 metri prima dell'arrivo delle precipitazioni che, nel corso di giovedì 15, si presentano piovose fin sulle vette appenniniche. Nel frattempo, quella manovra bella quanto illusoria impostatasi a inizio mese, inizia a produrre i suoi nefasti effetti: l'aria fredda si riversa in Atlantico seguendo il medesimo copione già visto a fine dicembre 2021, e da lì genera una profonda depressione che non solo rinforza il VP ma alimenta una rimonta anticiclonica che porta temperature ampiamente positive in quota su tutta l'Europa. Ben presto, tale riscaldamento si propaga anche agli strati più bassi dell'atmosfera, facendo infrangere nuovi record, specie oltralpe. E mentre va in porto un evento stratosferico estremo di tipo freddo che condizionerà negativamente la parte solitamente più produttiva dell'inverno, l'Italia si trova investita da miti correnti oceaniche, le quali alimentano peraltro un lungo treno di nubi che mantengono per tutta l'ultima decade delle condizioni autunnali, sia sotto l'aspetto termico che per il tipo di tempo, sempre uggioso. Rispetto all'anno precedente, la differenza risiede in una minor forza dell'anticiclone, che così questa volta non ha provocato valori da record in montagna, ma ha anche limitato la propria azione di compressione, constentendo nebbie più alte e quindi, di riflesso, negando le inversioni termiche nei bassi strati. Grazie a questa infelice giocata, questo dicembre regala al 2022 un'altro podio, con un'anomalia di +3,19°C ma con la magra consolazione di 98,0 mm di accumulo pluviometrico. E, oltre al danno, la beffa: quelle aree (principalmente alpine) in cui, a dispetto del profilo termico, le abbondanti precipitazioni qui osservate sarebbero risultate nevose, sono invece rimaste all'asciutto.

Neve in Piemonte...

...gelicidio da noi

Anticiclone e nubi basse

Gennaio

Gennaio eredita la desolante situazione di fine dicembre, con l'Europa alle prese con una delle ondate di caldo invernali più intense della propria storia. Al settentrione, a fare notizia sono soprattutto le minime notturne, veramente folli per il periodo. La situazione si sblocca l'8 di gennaio, quando un vortice di bassa pressione atlantico sovverte l'egemonia anticiclonica sul continente, arrecando anche una discreta piovuta (19,6 mm), ma soprattutto un provvidenziale riassorbimento delle anomalie, calo inizialmente tradito da un tiepido Favonio alpino che porta a +15,1°C il 10. Con la seconda decade, le temperature si riportano gradualmente su valori ragionevoli, seppur lungi dall'essere fredde. Ma da metà mese, un'improvvisa frenata della corrente a getto, derivante da un disturbo del VP, permette la discesa meridiana di una vasta saccatura ricolma di aria artico-marittima (fredda ma solo in quota), la quale, attraverso diversi episodi perturbati, trasmette il calo termico anche ai bassi strati, regalando la prima e unica vera nevicata di questo inverno il 19 gennaio, quando cadono 10,5 cm di neve bagnatissima (32,0 mm equivalenti!), mentre in collina si accumulano anche 30 cm. La lacuna barica insiste ancora fino a fine mese, portando ancora qualche fiocco fino alle pedemontane e nuove indispensabili precipitazioni. Gennaio si chiude con un'anomalia molto rilevante, +3,22°C, ma, guardando il bicchiere mezzo pieno, risulta particolarmente piovoso (77,6 mm).

neve castel san giovanniLa nevicata del 19 gennaio

meteopassioneAccumulo

Montalbo

collina piacentina fotoLocalità La Costa

Febbraio

Con l'ultimo mese d'inverno, la circolazione subisce un radicale cambiamento, improntandosi nuovamente in direzione di una coriacea stabilità. Il flusso perturbato riprende a scorrere a latitudini molto elevate, mentre in oceano si fa spazio una figura altopressoria di blocco. Fin dall'inizio, pertanto, si superano agevolmente i +10°C, ma il 4 febbraio fa registrare un record storico, con la soglia di +20°C infranta addirittura in prima decade (+20,8°C grazie al Favonio). Dalla sera stessa però l'aria fredda inizia ad affluire intraprendendo la via orientale, quella scoperta della Pianura Padana. Grazie all'instaurarsi di una circolazione secondaria, per circa una settimana insiste una ventilazione orientale che porta valori termici di tutto rispetto dai monti al piano. L'insediamento di tale massa d'aria in sede padana non viene purtroppo sfruttato da alcuna iniziativa dall'Atlantico, e la successiva imposizione di un campo di alta pressione in sede mediterranea inverte il segno dell'anomalia, impostando un tipo di tempo osservato più e più volte negli ultimi mesi di febbraio. Solo alla fine del mese si ripresentano potenziali invernali, ma resta tutto sulla carta, mentre all'atto pratico si verifica solo una fugace avvezione di aria fredda collegata ad un minimo di bassa pressione semi-stazionario sul Tirreno, il quale peraltro non dispensa precipitazioni di rilievo, concedendo un'imbiancata fino a 300 mt e qualche fiocco tra la pioggia al piano. Il mese si chiude con 18 gelate grazie alla maggior presenza anticiclonica, la quale ha concesso la formazione di inversioni termiche, ma purtroppo questa è stata l'unica caratteristica invernale di questo mese, che su tutti gli altri fronti ha deluso, non discostandosi minimamente dal trend tracciato dai suoi 4 predecessori (ricordo che l'ultimo febbraio invernale risale al 2018). L'anomalia ammonta a +1,92°C, mentre solo 7,6 sono i millimetri di accumulo pluviometrico.

tramonto piacenza val tidoneTramonto di fuoco

bufera neve piacenzaIl canto del cigno dell'inverno

Marzo

In previsione si prospettava un mese piovoso, invece per il quinto anno consecutivo marzo è risultato secco. Il mese si sviluppa in una continua altalena termica, con spiccati e repentini cambi di circolazione mai accompagnati, però, da precipitazioni rilevanti. L'anomalia mensile è dettata da due incisive ondate di caldo precoci, entrambe con valori che hanno ampiamente passato la soglia di +20°C. Con tre fiacche perturbazioni, marzo si chiude con soli 15,9 mm, ossia con un deficit del 75% sulla cumulata media mensile. A differenza degli anni scorsi, il mese non è stato dominato da una circolazione fredda, bensì da influssi miti, tant'è che lo scarto dalla norma ammonta a +1,78°C.

Aprile

L'esordio è all'insegna di un netto cambio di circolazione, con un'irruzione di aria molto fredda da est, la quale affluisce con forti raffiche di Bora nei primi giorni del mese, andando poi a sedimentare: il giorno 5 si scende a +0,2°C, il 6 addirittura a -3,0°C ed il 7 ancora a -0,2°C. Dopo questo breve shock termico, la ripresa è piuttosto rapida, e con l'inizio della seconda decade le massime si riportano sopra i +20°C. Il 13 aprile sopraggiunge la prima ed unica perturbazione atlantica del mese, la quale scarica 25,7 mm grazie a precipitazioni a sfondo temporalesco. Condizioni di variabilità si susseguono ancora fino a fine mese, tuttavia non si assiste ad un degno recupero del deficit idrico in zona, tanto che il mese si chiude con soli 30 millimetri di precipitazione cumulata. Grazie ad una media mensile in linea con la climatologia storica di questo periodo, le poche precipitazioni sopraggiunte sono risultate nevose anche a quote di bassa montagna, e ciò è stato fondamentale sia per il nostro Appennino che, soprattutto, per le Alpi, reduci da una stagione poco proficua in tali termini.


Bilancio

Ricapitolando, possiamo affermare di aver vissuto un'altra stagione non-invernale. A ottobre eravamo ancora alle prese con vestiti corti, caldo estivo, cieli sereni e un mare bollente, e la concomitanza di tutti questi fattori lasciava presagire che la stagione fredda sarebbe iniziata in ritardo. Tuttavia, le premesse non erano affatto male, visti i vivaci flussi di calore in alta quota (utili a minare la stabilità del VP) e la notevole copertura nevosa asiatica, cui ha fatto seguito lo sviluppo di un anticiclone termico russo-siberiano di quelli old-style. Purtroppo, però, la circolazione è stata anche quest'anno impietosa nei confronti degli europei, e da tre mesi di fiacchi tentativi, assolutamente improduttivi per la maggior parte delle aree di bassa quota e non solo, possiamo estrapolare solo quella seconda quindicina di gennaio, l'unica che ha saputo fondere dinamicità e freddo. Quantomeno, le dinamiche osservate a dicembre e gennaio hanno messo una pezza al deficit idrico ormai cronico, ma purtroppo solo sulla nostra regione, in quanto sul Piemonte e in generale su tutto l'arco alpino non si è osservata altrettanta abbondanza. Non sorprende, di fronte a ciò, che le Alpi abbiano registrato la loro peggior stagione in termini nivometrici, e se questo accade dopo un anno di zeri termici oltre i 4000 metri è naturale che i ghiacciai si presentino azzurrini (ovvero senza neve e dunque non protetti) a fine inverno. Riassumendo, da ottobre 2022 ad aprile 2023 in pianura sono caduti solo 11,0 cm di neve e 309,9 mm di pioggia. La nebbia si è presentata in soli 47 giorni; altrettanto scarso il numero di gelate, 51. A riprova dell'assoluta nullità di questa stagione fredda, non si contano giornate di ghiaccio.

Questa successione ininterrotta di non-inverni sembra ormai essere divenuta la nuova normalità, tanto che anomalie mensili nell'ordine di +3°C, che in un recente passato avrebbero sbaragliato ogni record, oggi non fanno nemmeno più notizia. Un clima simil-invernale nella stagione volta al termine lo si ritrova applicando un'enorme scrematura, che identifica qualche timida iniziativa fredda esclusivamente nell'ultima decade di novembre, nella seconda metà di gennaio e a sprazzi nel mese di febbraio. Merita una riflessione il trend delineatosi negli ultimi 4 anni, che osserva stagioni invernali molto miti contrapposte a primavere particolarmente fredde: in particolare, dal 2019 febbraio sta facendo registrare anomalie eccezionali mentre aprile sta risultando spesso freddo o al più normale, e ciò è in forte controtendenza con il ventennio 2000-2020, che ha invece spesso assistito a mesi di febbraio freddi e di aprile eccezionalmente miti.

Voto: 4

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