Clima e territorio

Territorio

L'abitato di Castel San Giovanni si sviluppa ai piedi delle ultime propaggini collinari dell'Appennino Piacentino, su tre poggi (denominati Brè, Salvini e Quaroni), lungo la via Emilia e a pochi chilometri dai confini occidentale e settentrionale dell'Emilia Romagna, rispettivamente costituiti dal rio Bardoneggia e dal fiume Po. La località, con una superficie comunale di 45 kmq che si distende dalle bassure golenali, a circa 50 metri sul livello del mare, fino alle prime scoscese colline prossime ai 200 metri di altezza, è riconosciuta come la "porta della Val Tidone", un'area caratterizzata da storia, tradizioni e festività simili, che si adagia nella vallata solcata dall'omonimo torrente, il Tidone. Questo corso d'acqua, che si diparte dal pendio settentrionale del Monte Penice (1450 mt) e sfocia nel Po nei pressi dell'abitato di Sarmato dopo aver percorso 45 km, prende il nome dalla lingua volgare delle antiche comunità Liguri che popolavano la zona, che vi si riferivano con il termine "Tid-avon" (= acque temporanee), termine più che mai calzante per via delle regime torrentizio della sua portata, la quale spesso si azzera e non soltanto nei periodi più caldi dell'anno. Non a caso, negli anni '20 del secolo scorso vi fu edificata una diga nei pressi del paese di Trebecco, per garantire una più affidabile fonte di sostentamento all'agricoltura locale. L'intero bacino costituisce la sky-line meridionale di Castel San Giovanni, sfoggiando in primo piano le colline "pettinate" dalle sconfinate distese di vigneti (tratto caratteristico della zona e del vicino Oltrepò Pavese) e i monti boscosi, su cui tra tutti domina, appunto, il monte Penice, ben riconoscibile grazie alle caratteristiche antenne.

Edificazione della diga del Molato

Clima

Eccezion fatta per l'abitato principale della vallata, il nostro, che, con l'edificazione del polo logistico, ha osservato una rapida crescita demografica, tutti i restanti borghi ed in particolar modo quelli più elevati hanno osservato un lento abbandono, il che fa apparire questa valle come se fosse fuori dal tempo, isolata e lontana dal progresso. Per questo, a dispetto della crescente popolarità della meteorologia e accessibilità della strumentazione occorrente per le rilevazioni, questa area risulta quasi totalmente scoperta. Prima che mettessi in piedi l'attuale stazione meteorologica con l'aiuto del Centro Meteo Lombardo, nemmeno a Castel San Giovanni esistevano punti di rilevamento, nè risulta siano mai esistiti. Tuttavia, seppur pochi, gli anni di osservazioni e rilevazioni da me condotti mi permettono di abbozzare le caratteristiche microclimatiche locali, anche dal confronto con le aree limitrofe. Nel seguente paragrafo proverò a tracciarne i connotati principali, senza però scendere nel dettaglio in merito alle zone montuose, in quanto troppo distanti per poter essere rappresentate in modo significativo dai dati registrati tramite la mia stazione meteorologica.

  • inverno: fino a una decina di anni fa era nevoso a tutte le quote, pianura compresa, e non era raro superare il metro di accumulo stagionale (come nel 2013, quando l'ultima nevicata arrivò a metà marzo). La stagione della neve può cominciare già ad ottobre e terminare a metà maggio per le cime più elevate, mentre per la pianura va da novembre a marzo, sebbene negli ultimi anni si sia osservata una diminuzione in linea con il trend di altre province padane. La dama bianca può venire a farci visita con le nevicate da rovesciamento grazie alla prossimità dei colli che enfatizza l'intensità delle precipitazioni oppure per scorrimento grazie all'agevole formazione di coriacei strati inversionali, mentre l'orografia non consente l'effetto stau con correnti da est. La nebbia è un fenomeno di casa, anch'esso in forte diminuzione negli ultimi anni, ma nelle bassure lungo il corso del Po i giorni di nebbia possono risultare addirittura doppi rispetto a Castel San Giovanni, la quale, invece, con i suoi modestissimi 70-80 mslm, si trova spesso sopra il limite, e ne viene interessata spesso nei mesi di novembre e dicembre da metà mattina, quando le brezze di monte (che la allontanano) si smorzano e la ventilazione si inverte, sospingendola a ridosso dei primi rilievi. La nebbia può sopraggiungere talora con blande correnti orientali, ma spesso in tale situazione si presenta più alta di quota, costituendo una nuvolosità uniforme non responsabile di consistenti riduzioni della visibilità al suolo. Dopo metà gennaio, specialmente nell'ultima manciata di inverni, si palesa il Favonio, un vento di caduta caldo e secco che interessa tutto il nord-ovest (con particolare riferimento al corridoio Milano-Pavia) quando in quota le correnti sono molto tese da NW e quindi costrette a saltare il baluardo alpino. In questa situazione si può avvertire un improvviso rialzo termico, con il ritorno di cielo terso e l'arco alpino ben visibile, specie il monte Rosa. Non è raro che uno strato inversionale particolarmente freddo e pesante ristagni più a lungo sul Po, facendo sì che il rialzo termico avvenga prima da noi che a Spessa (posta qualche chilometro più a nord, lungo le sponde del Po). La ventilazione risulta più frequente che nel resto della pianura, e questo è dovuto all'esposizione offerta dai poggi sopraelevati sulle aree circostanti, ma anche e soprattutto dalle suddette brezze di monte e dall'effetto Venturi, che con correnti da est accelera il vento per via della strettoia costituita dalle colline dell'Oltrepò. Ciononostante, in zona si registra un'escursione termica giornaliera (e annua) maggiore che nella maggior parte delle altre località della rete CML, con estremi minimi generalmente più bassi e massime diurne invece in linea o più elevate. Il forte effetto inversionale può essere agevolato dalla quota a cui si colloca la nebbia, che, se bassa, ci espone ad un forte raffreddamento radiativo durante la notte, proteggendoci comunque dal riscaldamento diurno; negli ultimi anni le poche nevicate occorse in area padana hanno quasi sempre interessato basso Piemonte, pavese e piacentino, e l'effetto albedo ha quindi ulteriormente amplificato questa caratteristica locale.
  • primavera: generalmente era una stagione che, a braccetto con l'autunno, regalava le precipitazioni più abbondanti dell'anno, tuttavia negli ultimi anni ed in particolare dal 2019 si è assistito ad una considerevole riduzione del regime pluviometrico, con i mesi di marzo ed aprile che talora hanno chiuso con cumulate scarse o nulle. La neve può ancora comparire a marzo, con accumuli talvolta consistenti, mentre solitamente ad aprile si avvertono i primi caldi, grazie al superamento della soglia di +25°C. Proprio quest'ultimo mese mostrava un trend volto a repentino rialzo termico, ma negli ultimi anni tale rialzo ha subito una battuta d'arresto se non addirittura un'inversione di tendenza, con il ritorno delle gelate nella prima decade e della neve sui monti fino a quote collinari. Maggio invece non ha mostrato grosse alterazioni, e generalmente porta con sè i primi +30°C verso la fine, tuttavia non delude quasi mai sul fronte della dinamicità, godendo di una spiccata variabilità e di prolungate fasi piovose. La primavera, nei pochi anni di rilevazioni che ho condotto, si è candidata a stagione più ventosa dell'anno, con innumerevoli giornate in cui le raffiche superano i 30 km/h.
  • estate: è ovviamente la stagione più calda, caratterizzata da prevalenti giornate oltre i +30°C e con una temperatura media stabilmente sopra i +20°C, anche se da un'analisi delle serie storiche dei punti di rilevamento vicini emerge come possa non essere stato sempre così, quantomeno fino alla fine del secolo scorso. Assieme con l'inverno costituisce la stagione più secca, anche perchè, mentre nelle vicine Prealpi i temporali la fanno da padroni, nel piacentino ed in particolare proprio a Castel San Giovanni e su tutta la parte bassa della sponda sinistra del Tidone i temporali a sviluppo diurno sono un fenomeno alquanto raro. Le uniche situazioni propizie a fenomeni di forte intensità sono due: o correnti abbastanza tese (ma non troppo) da sud in quota, oppure deboli e rapidi cavi d'onda da SW, durante le ondate di caldo, che generano forti sistemi temporaleschi con attività eolica talora pericolosa che dall'alessandrino fuggono velocemente verso levante. L'ultima estate con frequenti intensi temporali è la 2019. Negli ultimi anni, comunque, tutti i mesi hanno osservato un generale riscaldamento, primo fra tutti giugno, il quale per altro è l'unico mese che da noi non gode di minime notturne più basse del circondario, fenomeno che forse è da imputare alla più frequente ventilazione locale, a sua volta motivata da aria più calda e da molte ore di irraggiamento. Anche in questo trimestre si osservano tassi di umidità relativi più bassi rispetto alle vicine località lombarde o del piacentino orientale, forse a causa del sottosuolo più ghiaioso e drenante, il quale potrebbe essere anche responsabile della più ampia escursione termica, che però in questo periodo vede predominare l'eccesso nelle massime rispetto al difetto nelle minime. La tesi riguardante il ruolo giocato dalla composizione dei terreni è sostenuta anche dalle affinità microclimatiche della mia stazione e delle altre poste lungo la base della pedemontana, anch'esse affette da minime particolarmente rigide in inverno e massime molto elevate d'estate e con tassi di umidità relativva più bassi. Per quanto concerne il vento, d'estate il Favonio è pressochè assente, tranne in rare circostanze, mentre una particolare influenza è acquisita dal Marino, un fresco e secco vento catabatico che spira dal valico ligure sfociando sul basso Piemonte e giungendo da noi da NW dopo aver aggirato le colline dell'Oltrepò, e la cui formazione è probabilmente dovuta alle differenze di temperatura tra un mare ancora freddo e una pianura molto calda durante le ondate di caldo di inizio stagione: l'aria più fresca e densa sulla superficie marina crea una maggior pressione, riversandosi sul catino padano limitatamente a basso Piemonte, pavese e piacentino, limando le temperature quando ad inizio stagione queste crescono troppo rispetto a quelle del mare che risente invece di una maggior inerzia termica, e infatti non è un caso che tale vento si palesi soprattutto ad inizio stagione oppure con configurazioni di caldo intenso e precoce come accaduto, guarda caso, molte volte nel 2022.
  • autunno: è senza dubbi la stagione in assoluto più piovosa dell'anno nella nostra zona, e tale è rimasta a dispetto dei repentini mutamenti climatici in atto. Questa stagione ospita il periodo delle piogge, e, sebbene nel corso dei decenni si osservi una certa variabilità del periodo in cui questo occorre, generalmente resta confinato all'interno di questo trimestre, il quale pertanto presto o tardi apporterà considerevoli accumuli pluviometrici, fatte salve rarissime eccezioni. Non a caso infatti è il periodo delle piene del Grande Fiume, con esondazioni che con cadenza annuale possono manifestarsi interessando le frazioni oltre argine. Settembre è il mese meno piovoso grazie ad una circolazione che, specialmente dopo il 2015, ha proseguito su binari tardo-estivi, ed anche le grandi perturbazioni autunnali hanno iniziato ultimamente ad oltrepassare il limite ultimo del loro periodo caratterstico, limite costituito da novembre, che, se negli anni 70-80 era generalmente meno piovoso di ottobre, oggi è quello che registra le cumulate maggiori, e, come detto poc'anzi, sta pian piano cedendo il testimone a dicembre. Poichè generalmente un mese secco in estate risulta più caldo mentre in inverno (grazie a un'orografia che favorisce le inversioni) può essere più freddo, dall'analisi delle serie storiche di Spessa e Gossolengo emerge come la diminuzione di precipitazioni (e quindi di nubi) in settembre abbia causato un ulteriore aumento termico, mentre in ottobre, mese con prevalenza di ore buie e sulla cui media pesa maggiormente la temperatura notturna che inizia a risentire del fenomeno inversionale, sia stato smorzato il trend volto al rialzo della temperatura (tralasciando l'eccezionale 2022). Novembre, con ancora più ore buie e dunque maggior propensione alle inversioni termiche, ha invece osservato una forte accelerazione del riscaldamento, dovuta proprio allo spostamento della finestra piovosa su questo mese, che per via della più frequente nuvolosità dissipa meno calore durante la notte, mentre di giorno l'azione schermente delle stesse non compensa questo fenomeno perchè le poche ore di luce hanno un peso molto ridotto sulla media termica giornaliera. Novembre è anche il mese delle nebbie, le quali tuttavia hanno osservato una riduzione importante anche per il minor numero di giornate con cielo sereno, così come si sono ridotte le gelate e le possibilità per costituire un forte cuscino di aria fredda in grado di portare le nevicate fino in pianura.
Come emerge dai grafici soprastanti, relativi alla ventilazione osservata nei primi due anni di rilevazioni, non vi sono significative differenze nelle direzioni predominanti nè nei chilometri virtualmente percorsi dalla ventilazione nelle rispettive direzioni, nonostante il 2021 e il 2022 abbiano presentato circolazioni atmosferiche molto differenti. Ciò implica che 2 anni sono già sufficienti per farci un'idea delle dinamiche eoliche della nostra zona. Dal grafico della distanza percorsa appaiono ininfluenti le brezze di monte, solitamente provenienti tra S e SW, ma ciò è dovuto al fatto che, trattandosi di brezze notturne legate ad una micro-circolazione locale, la loro intensità è molto debole. Tuttavia, queste risultano ben più evidenti se le si colloca nel grafico della frequenza delle direzioni, curva che non a caso presenta una pronunciata punta in direzione SSW. Per ragioni di comodità grafica, la frequenza è stata dimezzata, quindi per ottenere il valore reale occorre raddoppiarla. Le ventilazioni più forti e frequenti provengono da W o WNW, pesantemente condizionate da Favonio e Marino, che ci giungono entrambi da quella direzione per la deviazione imposta loro dai rilievi dell'Oltrepò; oppure da E o ESE, ovverosia diametralmente opposte, e dovute rispettivamente allo Scirocco (specie tra autunno e inverno, quando si scavano depressioni sul Tirreno e questo vento, pur provenendo da SE in quota, è costretto ad assumere componente orientale o addirittura di ENE al suolo per risalire l'invaso padano, ricevendo pure un'accelerazione per l'Effetto Venturi discusso prima) e alla Bora, la quale invece proverrebbe da NE ma che al suolo sbatte sulla catena appenninica, generando stau e precipitazioni laddove riesce a saltarla, ed invece risalendola parallelamente da Parma verso ovest (dove infatti non godiamo quasi affatto dello stau, come accennato nel paragrafo sull'inverno), per poi sfociare sul Tirreno tramite il passo del Giovi, presentandosi su Genova talora come Tramontana scura. Infine, come era lecito attendersi vista l'orografia del nord Italia e della nostra zona, i venti tra NNW e NE risultano pressochè assenti, e la loro influenza si fa sentire solamente d'estate e durante il giorno, quando la potente radiazione e le numerose ore di luce attivano una dinamica speculare a quella delle brezze di monte notturne, dinamica dovuta ad un forte riscaldamento della pianura per subsidenza: l'aria calda e umida diventa molto più leggera (fenomeno messo in evidenza anche dalla forte riduzione della pressione che si rileva nelle giornate estive anche in condizioni anticicloniche), e viene compressa dall'aria più fredda-asciutta soprastante. Tale aria calda e umida viene scalzata, e, se da un lato la via meno veriticale per sfogarsi è la superficie marina, da noi non può che salire i pendii montuosi (ecco perchè ci giunge da NE o da N, è la direzione trasversale all'orientamento dell'Appennino), subendo poi raffreddamento e condensazione man mano che sale di quota, e dando vita ai fenomeni convettivi che provocano i temporali sul crinale.

 


Stazione

La stazione è una Davis Vantage Pro 2, ed è diventata operativa il 24 ottobre 2020. Durante la fase di collaudo, durata per tutto il mese di settembre 2020, è stata registrata una temperatura minima di +4,6°C all'alba del 27 del mese. L'apparato di rilevazione è costituito dalla struttura che ospita il complesso di sensori per il monitoraggio (denominata ISS) e da un apparato ricevente, ovvero la console, che a sua volta poi comunica i dati al server di questo sito e al Centro Meteorologico Lombardo, il quale rende poi questi dati disponibili a cartina in tempo reale. La stazione meteorologica è attualmente provvista del sensore termo-igrometro e del pluviometro collocati su terreno erboso a circa 1,7 metri dal suolo, mentre l'anemometro è ubicato a 10 metri di altezza come da regolamento OMM (WMO) ed il barometro è incorporato nella console. La stazione è a circa 80 metri sopra al livello del mare, all'estremo sud-est del centro abitato e a circa 50 metri dall'aperta campagna.

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