Premessa
La presenza anticiclonica è diventata una costante delle estati post-2000, e, ad eccezioni di casi isolati statisticamente sempre possibili, la maggior parte della variabilità stagionale è ormai annichilita da queste strutture bariche che, come stiamo osservando anche in queste ultime tre settimane, sono in grado di persistere per lungo tempo senza venire scalfite. Ciononostante, soprattutto al nord Italia, dove rilievi montuosi più importanti assumono maggior impatto sulla circolazione atmosferica di medio-basso livello, si può comunque osservare la formazione di cumuli che assomigliano a dei cavolfiori, e che talora evolvono a cumulonembi, a dispetto dei moti discendenti interni agli anticicloni che normalmente sono associati a condizioni di stabilità. Negli ultimi giorni, difatti, si sono comunque avuti rovesci e temporali, tanto sulle Alpi quanto sull'Appennino.
Circolazione a mesoscala
La Pianura Padana ha la configurazione morfologica di una grande valle (la valle del Po) orientata da ovest verso est, e che, come tale, permette l'instaurazione di quei regimi termo-barici frutto dell'alternanza fra il dì e la notte che si traducono nelle brezze. La circolazione è quindi chiusa, soprattutto nei bassi strati. Il suolo, durante i pomeriggi d'estate, si scalda tantissimo, e così, proprio come fa il fondo di una pentola, scalda l'aria a contatto con esso a tal punto da renderla meno densa e da attivare di conseguenza dei moti convettivi. L'aria più fredda e densa soprastante inizia a soppiantarla, mentre quella più calda, proprio come l'acqua nella pentola, si muove verso le pareti e risale lungo esse, raffreddandosi e tornando verso il centro per poi ridiscendere per gravità. Nel bacino padano, l'aria calda sfrutta i pendii montuosi per risalire, non soltanto perchè anch'essi fonti di calore, ma anche poichè rappresentano una rampa di lancio più agevole rispetto ad un'alternativa risalita verticale in libera atmosfera. Le masse d'aria, una raggiunte le vette, convergono con quelle proveninenti dagli altri versanti del rilievo e procedono verso l'alto espandendosi, raffreddandosi e condensando di conseguenza. Ne scaturiscono così torri cumuliformi che, se adeguatamente mature, possono produrre fenomeni e scariche elettriche guadagnandosi l'agognata classificazione di "cumulonembi". Normalmente, queste nubi iniziano a formarsi in tarda mattinata, quando il riscaldamento dei bassi strati è tale da instabilizzare i primi chilometri di atmosfera, mentre la loro produzione cessa immediatamente dopo il tramonto, a meno dell'intervento di altre forzanti in grado di mantenerla in vita. In quota le correnti su una valle o un bacino a circolazione limitata si muovono in maniera opposta, e così queste nubi vengono lentamente trasportate verso il centro della conca, limitando però la propria influenza al più fino alle zone di alta pianura limitrofe ai rilievi: difatti, poco più avanti l'aria i moti sono discendenti, il che impedisce il mantenimento di queste termiche sovrasviluppate. Abbiamo capito che le strutture temporalesche dipendono strettamente dai moti convettivi che li mantengono, e nel caso in cui tali moti siano i regimi di brezza, il loro sviluppo rispecchia l'influenza del Sole. Pertanto, la loro formazione incomincerà una volta che il riscaldamento dei bassi strati sarà tale da instabilizzare la colonna d'aria e attivare le brezze diurne dirette verso i rilievi, mentre cesserà appena dopo il tramonto, quando i bassi strati incominciano a raffreddarsi e si torna in condizioni di stabilità (si veda l'articolo dedicato alle brezze). Nottetempo, anzi, la dispersione di calore maggiore si ha per irraggiamento proprio da parte delle superfici, cosicchè l'aria fredda si riversa lentamente dalle vallate montuose verso il centro del bacino. In alcuni casi può capitare che la convergenza al centro dell'area depressa sia sufficientemente intensa (e la stabilità sufficientemente precaria) da permettere le genesi di cumuliformi proprio nelle zone centrali della pianura, come avvenuto per esempio ieri sera, sebbene probaibilmente sono intervenute anche forzanti d'altro tipo.
Radiosondaggi e tipi di nubi
Ovviamente in un modello reale la situazione è ben più complicata, ed il disegno riportato sotto tenta di spiegarla. Locali convergenze possono generare moti verticali interni allo strato di aria stabile, ma non adeguatamente sostenuti da superarlo ed entrare nel livello di libera convezione (LFC). A seconda dell'altitudine dell'LCL, tali correnti possono portare le masse d'aria a condensare generando cumuli humilis o mediocris. Ma per avere fenomeni, occorre il vero cumulonembo o termica sovrasviluppata che dir si voglia, e serve che il gradiente verticale in libera atmosfera sia più forte di quello adiabatico saturo della nostra termica, ovvero della massa d'aria che incomincia a risalire. In questo caso, diaftti, la spinta di galleggiamento che ne impone il sollevamento non si esaurisce mai, bensì si amplifica tanto più che la massa d'aria sale. La differenza tra il raffreddamento di una termica ed il reale gradiente della colonna atmosferica è ben rappresentato nei radiosondaggi, ed assume il nome di CAPE, ovverosia Convective Available Potential Energy. Come si può osservare, tuttavia, è quasi sempre presente un piccolo strato di aria stabile in prossimità del suolo, dove la curva della TAP è a sinistra di quella della temperatura della colonna. L'area fra le due rappresenta il CIN (Convective INhibition) ed è l'ostacolo che è necessario varcare per attivare la libera convezione. Questo può essere ridotto dal riscaldamento diurno che aumenta il gradiente verticale dell'atmosfera, oppure superato da masse d'aria spinte verso l'alto in maniera forzata, per esempio nel caso di convergenze. Un altro ingrediente importante è l'umidità: una massa d'aria più umida è infatti più volatile, ed inoltre raggiunge più velocemente la condensazione, anticipando il punto in cui l'aria inizia a raffreddarsi per gradiente saturo e quindi riducendo lo spessore del CIN. L'umidità dell'aria è facilmente desumibile dal radiosondaggio tramite il confronto fra la linea della temperatura e quella del punto di rugiada: tanto più sono vicine, maggiore sarà l'umidità relativa di quello strato d'atmosfera. LFC rappresenta l'inizio della convezione spontanea, con il conseguente sovrasviluppo della struttura cumuliforme e la genesi di fenomeni anche intensi: una nube disposta verticalmente permette che tutta l'umidità condensata lungo la verticale si riversi su aree limitate, producendo violenti rovesci in grado di accumulare diversi millimetri in una manciata di minuti. Lo sviluppo verticale ha comunque una quota limite: la temperatura, come si vede anche dai radiosondaggi, tende a non diminuire più a partire da 10 km circa di altitudine. A tale altezza si colloca l'inizio della Tropopausa, ovvero la fine ("pausa") dei fenomeni ("tropos"), poichè il gradiente ritorna ad essere più lento di quello di una parcella in ascesa. La vigorosa corsa verso l'alto della termica in questione finisce con un inglorioso spiaccicamento sul primo tetto della nostra atmosfera, il che produce caratteristiche incudini sulla sommità delle candide nubi cumuliformi.
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